giovedì 17 luglio 2008

PERCHE' "LUCEBUIA"...

Sono in pochi oramai quelli che si chiedono perchè mi lascio chiamare Lucebuia...tanti mi conoscono nella vita di tutti i giorni, tanti altri hanno imparato a conoscermi nei miei due siti ( www.lucebuia.it e www.lucebuia.com )in cui ho trovato il coraggio finalmente di parlare di me, di con nascondermi più dietro a ciò che era , a ciò che è stato e che ogni mattina mi si presentava davanti come uno spettro tutte le volte che aprivo l'armadio per scegliere cosa mettermi prima di andare al lavoro. Lucebuia è ciò che mi sento, è come mi sento ad ogni alba ed a ogni tramonto, quando cammino fra la gente e lascio che di me si veda solo ciò che io voglio lascir vedere. Non amo la luce del sole perchè mi obbliga ad essere una persona vera, a non mebntire con le persone che ora hanno imparato ad amarmi e ad accettarmi per ciò che sono e per come sono, bramo invece la notte, la luce fioca di una candela che di me mostra solo il contorno. Mi permette ancora, ancora una volta, di nascondermi nell'ombra della mia vita e dei miei dubbi che pare non vogliano mai abbandonarmi. L''ombra che per anni mi ha seguito alla ricerca della verità e della mia vera natura ancora oggi si cela dietro ad un lampione la notte, o dietro ad un muro invisibile e mi sta accanto non permettendomi mai di scordarmi ciò che sono stata, ciò che sono diventata e ciò che sono ora. Ho imparato ad accettare i cambiamenti della mia natura, ad apprezzarmi per ciò che sono diventata cercando di cavarmela sempre da sola e lottando con tutte le mie forze perchè non tornasse mai più il rimpianto e la solitudine. Ho imparato ad amare la sensazione del nulla e del niente, a cercare in un locale gremito di gente il mio piccolo spazio dove poter nascondermi e restare a guardare, fino a che non è arrivato il tempo di mostrarmi e di far capire chi ero veramente. Qualcuno ha imparato ad odiarmi per questo, altri mi hanno capito ed accettato, qualcuno mi ha anache amato nonostante sappia che non potrà mai essere per sempre, perchè il sempre è solo per gli sciocchi. "Nulla è per sempre..." questo è il mio motto e so che anche io non potrò vivere nell'oscurità per sempre, all'infinito, arriverà il momento in cui anche io dovrò uscire alla luce... e mostrare al mondo la vera persona che ancora nascondo dentro la mia anima.
Amo solo una persona per la quale rischierei tutto e tutti: me stessa. Difenderei la mia vita con le unghie e con i denti se fosse necessario perchè solo quando ho toccato il fondo una notte ed ho scorto la luce bianca in fondo al tunnel ho compreso qaunto importante sia per me vivere questa vita. So che non ne avrò più un' altra e questa che ho voglio viverla fino alla fine. Mi piacerebbe arrivare alla mia ora avendo la certezza di aver fatto tutto senza rimpianti e senza rimorsi, solo con la certezza che niente mi ha cambiato se io non l'ho voluto e che nessuno mi ha fatto a sua somiglianza se non chi mi ha generato alla mia nascita...e l'ultima cosa che vorrei aver la certezza di aver raggiunto è la sicurezza di aver modificato il mio destino, perchè dentro di me sono certa, anzi, sicura che ad ogni uomo viene consegnato un destino scritto sulle pagine di un libro...ma a quel libro manca l'ultima pagina, quella che ogniuno di noi deve ancora scrivere e lo potrà fare solo quando accetterà che essere un uomo non vuol dire avere dei limiti, ma delle priorità, delle certezze e delle sicurezze...la mia ora è quella di essere ancora un'ombra alla ricerca del mio corspo!!!!

martedì 15 luglio 2008

SONO LE VOSTRE TENEBRE...


Sola, in stanza di stile antico e sorpassato, deserta, seduta sul divano in pelle nocciola di un salotto silenzioso e poco illuminato.

I piedi stesi davanti a me, allungati sopra il tavolino di cristallo reso opaco da un detersivo spruzzato tempo fa per togliere forse le macchie ingiallite di acqua oramai asciugata lasciate dalla base di un vaso di vetro privo di fiori.

Attorno a me il silenzio più totale disturbato solo dal ripetuto stridolio di freni di vetture che rallentano ad uno stop.

Il gorgoglio quasi impercettibile della pompa dell’acqua di un acquario incastonato nel muro di calce bianca. Il lento movimento degli ultimi pesci rossi sopravvissuti che si avvicinano al vetro lucido, mi osservano sonnecchiare stesa sul divano. Pare sorridano, forse anche ridono di me fra di loro. Mi osservano, scodinzolano e si allontanano alla ricerca di cibo.

Il silenzio più totale mi culla in una strana sensazione di pace, quasi monotona, quasi opprimente. Socchiudo gli occhi alla ricerca di un poco di riposo. Li riapro conscia del fatto che quello non è il comodo divano sul quale ho trascorso le ultime notti di sonno. Conscia che quello in cui mi trovo non è il mio appartamento, non è la mia casa, ma solo un rifugio come tanti dove trovo un poco di tregua alle mie giornate silenziose e vuote.

Mi assopisco per una frazione di secondo.Mi risveglio ancora nella medesima posizione. Sbadiglio.

Osservo davanti al mio sguardo l’immobilità del tempo, la stabilità delle immagini che a loro volta mi scrutano, mi osservano, in silenzio.

Stropiccio gli occhi disturbati dalla luce che filtra da una persiana appena socchiusa. Ho sonno, ho voglia di chiudere gli occhi e scorgere solo i miei pensieri ed i miei sogni.

Quello che vorrei ora è solo riuscire a chiudere gli occhi ed addormentarmi. Ma il troppo silenzio, lo scorrere lento delle ore non mi permettono di assopirmi neppure per un istante.

Poi vorrei uscire all’aria aperta, gironzolare per il giardino che circonda la villa dove ora sono rinchiusa. Stendermi sull’erba ancora bagnata dalla rugiada, lasciare che i raggi caldi del sole mi illuminino il viso e tingano di un leggero rossore le mie gote pallide, quasi incartate da un sottile strato di carta velina che le rende trasparenti e incolore.

Ma non posso. Tutto questo non mi è più permesso. Da tempo oramai.

Sono rinchiusa fra queste quattro mura che non conosco, che i miei occhi non riescono a disegnare, perché non ne trovano il motivo, il senso, lo scopo. Sono circondata da queste quattro pareti bianche, tappezzate da quadri incomprensibili nei quali si ripete stancamente e monotona la perfezione del Divino, la bellezza dell’Onnipotente.

Triangoli con la cuspide più appuntita rivolta verso l’alto, occhi di marmo bianco pietrificati e silenziosi mi osservano mentre distendo le gambe intorpidite sul tavolino di cristallo impolverato.

Una rivista scivola a terra rompendo il silenzio che mi circonda e si apre lasciando apparire una pagina bianca senza parole, solo la pubblicità di una terra lontana, di un’isola accerchiata dal mare, una tranquilla e immobile distesa di acqua verde chiaro che mi riporta con il pensiero alla mia vita passata, al mio ieri, ai miei pensieri che ora non sono altro che ricordi vani e lontani per chi mi ha conosciuto.

Non ricordo neppure come sono arrivata lì, cosa la notte passata mi ha portato a fermarmi in quella villa silenziosa e disabitata. Non ricordo nulla, forse perché poco vi è da rammentare.

Camminavo lentamente per la strada, trascinando i piedi stanchi dopo una lunga notte di cammino, lasciando che una fitta pioggia mi inzuppasse gli abiti sgualciti. All’orizzonte stava sorgendo il sole, una palla infuocata che gettava i primi bagliori sulla città ancora addormentata e pietrificata. Quando ho scorto in lontananza un cancello semi aperto che sbatteva cigolando, sospinto dalla tenue forza del vento che mi scompigliava i capelli. Le mie gambe si sono fermate, immobilizzate davanti a quell’ingresso abbandonato alle erbacce ed al tempo.

Sono entrata in una stanza buia, priva di luce e di riscaldamento, maleodorante di stantio e di chiuso, solo per riprendere fiato, per riposarmi un poco prima di intraprendere il mio lungo viaggio di ritorno.

Devo essermi addormentata.

Sospiro restando ad osservare l’ immagine ferma di quella distesa d’acqua disegnata su un foglio di carta, senza vita, che pare fare altrettanto nonostante io sappia che non possieda occhi per guardare, orecchi per ascoltare.

Ma io sì.

Io ascolto tutto ciò che mi si ripete ignaro attorno, scorgo tutto ciò che gli uomini vogliono celare per paura, per vergogna, per timore, per rabbia. Osservo e resto in ascolto di ciò che accade accanto a me, di ciò che mi passa accanto, mi sfiora, mi supera e non mi vede. Ogni notte, ogni istante, ogni momento della mia oscurità.

Odo ogni mattina il cinguettio degli uccelli che cantano instancabili salutando l’alba appena sorta, percepisco il rumore assordante del mondo frenetico che mi scorre accanto e che ogni mattina appena sorge il sole riprende a vivere, avverto il silenzioso passaggio dei pensieri nella mente delle persone che non mi possono vedere, non mi possono ascoltare.

Resto abbagliata dalla luce del sole che costringe a socchiudere gli occhi. Osservo instancabile lo scorrere lento e passivo delle ore preceduto dal ticchettio appena percepibile delle lancette dell’orologio. Vedo la gente correre accanto a me, all’impazzata, alla rinfusa, alla ricerca di qualcosa che ancora non sanno non troveranno mai, ma che continuano a bramare, a desiderare più della loro stessa vita.

Scruto all’orizzonte i passi lenti e ripetuti delle sagome scure che girano per le strade la notte, che si accalcano nei locali del centro alla ricerca di un’ esistenza che non sanno vivere, che hanno dimenticato, che vorrebbero riavere in dietro e che purtroppo continuano ad allontanare.

Li ascolto parlare, piangere, ridere, gridare. Percepisco le loro emozioni, i loro sentimenti, la loro rabbia e la loro gioia.

Osservo instancabile lo scorrere lento e ripetuto delle stagioni; l’arrivo del gelo e il lento sciogliersi della neve che segna il mio passo, per permettere alla primavera di colorare ancora una volta il mondo addormentato dal freddo inverno.

Ascolto, osservo in silenzio, sola, a volte smarrita, altre delusa, altre ancora compiaciuta.

Ma non mi è possibile raccontare ciò che vedo davanti ai miei occhi, ciò che sento ogni giorno con le mie orecchie.

Non posso fermarmi accanto ad un uomo stanco della vita che gli sfugge fra le dita e sospingerlo in avanti, incitandolo a vivere. Non posso incoraggiare una donna che piange sola seduti sui gradini davanti ad una casa, rammentandole che la fine di un amore è solo l’inizio di un’altra vita, che ciò che a volte noi non vogliamo, non desideriamo, è dettato da una forza superiore al nostro spirito, al nostro animo, al nostro volere.

Non posso sedermi accanto a lei e ricordarle che ciò che è stato deve essere solo ricordato dalla sua mente e reso esperienza per un giorno nuovo, per una nuova avventura, per un nuovo desiderio.

Non posso accarezzare il viso dolce di un bambino bagnato di lacrime fermo all’angolo della strada, impaurito dallo scorrere frenetico delle vetture, dal rumore assordante di una città che come me tutto vede e tutto ode ma non può fare nulla per cambiare, per migliorare, per fermarsi un attimo a pensare, a riflettere.

Oh ma come vorrei poterlo fare! Come vorrei poter fare tutto questo!

Come vorrei alzarmi da questo divano e in un impeto di gioia, ma sì anche di follia, aprire queste finestre chiuse, barricate dal tempo, uscire fuori, camminare fra la gente e parlare, raccontare di ciò che ho visto, di ciò che ho sentito, che ho ascoltato ogni notte mentre sola nascosta fra un angolo buio vi osservavo per comprenderne la vostra natura.

Come vorrei confortare chi soffre, regalare un sorriso a chi piange e permettergli di creder ancora in un domani.

Come vorrei prendere per mano quel piccolo bambino ed accompagnarlo da una madre lontana che oramai lo ha dimenticato nel tempo.

Come vorrei prendere le mani di un uomo stanco di vivere e stringerle fra le mie, donargli ciò che di più grande già possiede e non si rende conto di quanto importante può essere continuare a goderne.

Come bramerei fare tutto questo. Scivolare lentamente fra la gente che freneticamente scorre fra le vie della città, permetterle di fermarsi un attimo a gioire di piccole ed inutili cose come può essere il canto fastidioso di un uccellino al sorgere del sole o la leggera e fragile rugiada che si posa sugli abiti stropicciati dalla notte lunga e scalpitante trascorsa in qualche locale della periferia a sognare, a desiderare una vita migliore e diversa.

Oh quanto vorrei a volte non vedere e non udire nulla se non solo il mio respiro ed il battito del mio cuore.

Come vorrei una volta trovare un rifugio sicuro e lontano dal mondo, entrare come ho fatto la notte passata e chiudere la porta alle mie spalle lasciando il mondo, tutto il mondo che un giorno è stato mio, fuori dalla mia vita, dal mio tempo e dai mie sogni.

Come desidererei trovare riposo per sempre in un luogo dove nulla mi stupisce, mi perseguita, mi insegue. Dove tutto è silenzioso e tranquillo, cullato dalla medesima monotonia che riempie questa stanza poco illuminata che mi ha accolto per una notte, per una sola notte prima della mia partenza. Poter socchiudere gli occhi e non ricordare nulla di ciò che ho visto e udito la notte precedente. Lasciare che la vostra vita sia solo vostra, che le vostre azioni, non oscurate dalle tenebre, al sorgere del sole siano ancora vive e presenti davanti ai vostri occhi.

Il mio destino, il mio cammino è segnato dalla vostra vita. Sono obbligata ad inseguirvi per le vie buie e silenziose, scrutare triste e muta la vostra esistenza, senza giudicare, senza fare molto se non nulla per cercare di cambiarla.

Come vorrei tutto questo. Ma tutto questo non mi è possibile, non lo posso raggiungere, non lo posso trovare. Non ora, non ancora…

Perché io sono l’oscurità , sono il fantasma delle tenebre che nelle ore più buie vi permette di non perdervi per le strade deserte, che vi facilita il cammino, a volte che vi rallenta la sosta.

Sono quella che voi chiamate l’assenza di luce e di verità , il buio assoluto che un tempo temevate, che evitavate per paura, per timore.

Sono colei che un giorno non lontano rispettavate, che illuminavate con una fioca fiamma di candela per paura di perdervi negli abissi neri della menzogna.

Sono il buio che tanto odiavate, rintanati nelle vostre case decadenti. Sono colei che è sempre stata… Tutto questo sono stata prima che voi imparaste a non avere paura di me…

Ora sono la notte che ogni volta voi tornate a sfidare, che cercate di colorare con le vostre avventure, con i vostri svaghi, con i vostri pazzi e frenetici divertimenti.

Sono la vostra vera anima, quella che di giorno fuggite per apparire ciò che non siete, ciò che non volete essere, ma che poi tornate a cercare per riuscire a vivere, per cercare di godere di quegli attimi in cui tutto è permesso, tutto è concesso e nulla celato.

Sono l’ inammissibile, la compagna delle vostre peggiori azioni che vi copro e vi nascondo agli occhi di chi vi osserva scotendo il capo, di chi ancora è convinto che le tenebre siano il mondo del male, vissute solo dalla peggior specie degli uomini, dagli sbandati, dai disorientati, da chi non ha timore di Dio e nulla teme al calare del sole.

Sono stata per secoli la vostra amica, colei che vi permetteva di trovare il coraggio di baciare una donna perché con il mio mantello nero vi nascondevo dagli occhi dei passanti. Sono stata colei che ha taciuto i vostri azzardi, che ha confuso i vostri occhi intorpiditi dal sonno.

Sono colei che cercate ogni sera appena tutte le luci si spengono attorno a voi e indossate le vostre maschere, vi coprite del vostri inganni e dei vostri malefatti. Colei che ancora ora inseguite lungo le vie della città per trovare un poco di tranquillità, di vita come voi stessi la chiamate, a volte anche di passione.

Sono stata accanto a voi ogni giorno di ogni tempo e le mie orecchie hanno ascoltato i vostri lamenti, le vostre parole, i vostri desideri, le vostre storie, le vostre bestemmie.

I miei occhi hanno sempre scrutato la vostra immagine dispersa fra i compagni, vi hanno seguito nei locali affollati di gente ma deserti di pensieri, lungo le corse sfrenate in autostrada, lungo le poche ore, i pochi attimi di vita che ogni notte vi siete concessi.

Ma vi ho anche stretto le mani in una morsa di ghiaccio assistendovi al vostro ultimo respiro, dopo una lunga nottata vissuta all’insegna della vita, persa in un soffio solo per la voglia di arrivare primi…

Sono stata un’amica, una compagna fidata, la vostra amante preferita alla quale tutto potevate chiedere e tutto vi ho sempre dato.

Più volte mi avete sfidato, usato per nascondere le vostre ignare azioni, i vostri più oscuri pensieri. Mi hanno incolpato delle vostre offese, delle vostre notti brave che vivo restandovi accanto, che non condividevo ma pur sempre celo agli occhi del giorno.

Sono stata tutto questo, per cercare di rendere meno difficile un’esistenza senza senso e senza luce. Sono stata quello che voi avete voluto io diventassi, ciò che voi mi avete obbligato ad essere. Ma è tempo di ricordarvi chi sono realmente…

Ora vi renderò ciò che mi è stato regalato con disprezzo ed arroganza. Ora vi regalerò le vostre storie, i vostri segreti, i vostri pensieri. Accenderò una luce che illuminerà la vostra vita notturna, che renderà pubblico e visibile ciò che ogni notte grazie a me ed alla mia ombra, siete sempre riusciti a tenere nascosto agli occhi del giorno. Permetterò a tutti di scorgere la vostra vera anima, i vostri più intimi segreti e i vostri più nascosti timori. Vi insegnerò nuovamente ad avere paura di me e della mia oscurità. Ma ciò che è peggio, vi obbligherò a trovare un altro rifugio per nascondervi dalle tenebre che presto scenderanno su di voi..